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Circolo di Vienna Epistemologia Popper Heidegger

K. R. POPPER  

(1902 - 1994)

 L’assunto fondamentale del RAZIONALISMO CRITICO o FALLIBILISMO può essere così espresso:

tutto ciò che assumiamo come vero potrebbe essere falso; nella scoperta di un errore, cioè della falsità di ciò che era considerato vero, vi è un reale incremento della conoscenza, poiché guadagnamo un’ulteriore certezza su come il mondo non è e su cosa conduce ad un male certo. Questo assunto si fonda sull’asimmetria fra vero e falso, bene e male: non potremo mai raggiungere la certezza su ciò che è vero (ambito scientifico) o buono (ambito etico-politico), ma possiamo con certezza riconoscere ciò che è falso o che è male.

Da questo nucleo unitario derivano le posizioni epistemologiche ed etico-politiche sostenute da Popper.  

  In merito alla natura della scienza Popper sostiene le seguenti tesi:

Il criterio di demarcazione fra discorsi scientifici e non scientifici non può essere quello della verificabilità, controllabilità o confermabilità, come sostenuto invece dai Neopositivisti del Circolo di Vienna, ma deve essere quello di falsificabilità, così esprimibile: una proposizione è scientifica se si possono ipotizzare osservazioni che la falsifichino, cioè ne dimostrino la falsità. Popper è infatti convinto che nessuna proposizione scientifica sia verificabile o confermabile, mentre tutte le proposizioni scientifiche sono falsificabili. Il fondamento logico della sua posizione è il seguente: ogni teoria scientifica è costituita da un apparato teorico che si configura come ipotesi, da cui si deducono conseguenze osservative (previsioni); in generale, mentre da una premessa, o ipotesi, vera derivano sempre e solo conseguenze vere, da una premessa falsa possono derivare conseguenze sia vere che false; se dunque le conseguenze (previsioni) si mostrano, alla luce dei fatti, nel contesto dell'esperimento, false, si può concludere con certezza che è falsa anche la premessa ( la teoria scientifica è falsificata), mentre se le conseguenze sono vere, cioè conformi ai fatti, non possiamo sapere con certezza se lo sia anche la premessa; in tal caso, dunque, la teoria scientifica è assunta come provvisoriamente vera. Ogni teoria scientifica, dunque, nasce come congettura ed è sempre “in prova”, fintantochè non viene falsificata e quindi abbandonata.  

Il criterio di demarcazione fra scienza e non scienza non è, come sostenuto invece dai Neopositivisti, anche criterio di significanza, poiché discorsi non scientifici, come quello metafisico, non sono privi di significato, in quanto sono intelligibili e possono costituire la premessa della nascita di teorie scientifiche interessanti.

Non si può considerare l’induzione come il metodo attraverso il quale uno scienziato giunge a formulare teorie scientifiche, e la teoria scientifica considerata più valida non è quella più probabile, bensì quella più corroborata, cioè quella che ha meglio resistito a ripetuti ed ingegnosi tentativi di falsificazione.

Popper sostiene una sorta di codice deontologico per gli scienziati, affermando che questi debbono assumere nei confronti delle teorie che considerano valide un atteggiamento critico, debbono cioè non costruire esperimenti per cercare di verificarle o confermarle, ma per cercare di falsificarle, in quanto nel momento della falsificazione vi è un autentico incremento del sapere scientifico, dato da un’ulteriore certezza relativa a come il mondo non è.

  Popper rifiuta la visione essenzialistica della scienza (secondo la quale la scienza giunge a possedere la verità sulle leggi che oggettivamente governano i fenomeni, cioè descrive come il mondo veramente è, nei suo elementi strutturali) e quella strumentalistica (secondo la quale una teoria scientifica non può essere detta più o meno vera di un'altra, ma solo più o meno utile, in quanto la scienza, essendo strumento che ci permette di mettere ordine nell’ambito dell’esperienza e di orientarci nel mondo, non ha nulla a che fare con la verità). Secondo Popper la scienza tende alla verità, anche se non la potrà mai raggiungere o possedere (o, qualora la raggiungesse, non si potrebbe mai averne la certezza).

Popper si dichiara convinto che il cammino della scienza rappresenti un progressivo avvicinamento alla verità, anche se non si potrà mai avere la certezza di averla raggiunta.  

  In ambito etico-politico Popper attacca lo storicismo e difende la società aperta.

Lo storicismo, inteso da Popper come posizione di chiunque creda di possedere la verità sul significato e sulla meta cui la storia ineluttabilmente tende, è attaccato aspramente da Popper come matrice di atteggiamenti intolleranti e totalitari, in quanto sostegno teorico delle società chiuse.

Secondo Popper, infatti, gli storicisti sono convinti di possedere una nozione oggettiva ed assoluta del bene e del male: bene è ciò che favorisce il cammino della storia, male ciò che lo ostacola. Da questa convinzione deriva un atteggiamento intollerante, teso ad imporre agli altri, per il loro stesso bene, ciò che oggettivamente è bene. Questo atteggiamento prevale nelle società chiuse, che sono chiuse al dibattito critico ed al libero confronto delle idee, e nelle quali la libertà del singolo è negata in nome di uno stato etico ed oppressivo. Platone è il primo grande rappresentante dello Storicismo, mentre Hegel e Marx ne sono i più importanti discepoli.

La riflessione politica di Popper si configura come decisa difesa della società aperta o società democratica, intesa come regime politico che riduce al minimo i danni arrecati da un cattivo esercizio del potere.

Secondo Popper, infatti, la domanda classica (da Platone in poi): chi deve esercitare il potere?  è all’origine di ogni concezione illiberale e totalitaria del potere. La domanda corretta è un’altra: quali sono le condizioni che possono ridurre al minimo i danni derivanti da un cattivo esercizio del potere? Nessuno può pretendere di possedere una certa ed irrefutabile nozione di ciò che sia bene per l’uomo, di ciò che ne garantisca la felicità. È invece oggettivamente sotto gli occhi di tutti ciò che sicuramente è male: sofferenza fisica e morale, miseria, sfruttamento ed ignoranza sono sicuramente mali. Per questo non possiamo pretendere di costruire il miglior regime possibile, ma dobbiamo lottare per quello che si configura come il meno peggio, cioè per quello democratico, nel quale il potere è controllato e limitato. I criteri di demarcazione fra regimi democratici e totalitari sono i seguenti:

1.      l’essenza della democrazia non è quella di essere governo della maggioranza, poiché questa può governare in maniera tirannica nei confronti delle minoranze; democrazia è dunque il regime nel quale il potere trova un limite invalicabile nei diritti dei singoli individui ed in cui i governanti possono essere licenziati dai governati senza esercizio di violenza;

2.      non vi sono vie di mezzo fra democrazia e tirannide;

3.      in democrazia sono ammessi tutti i cambiamenti, tranne quelli che minacciano la democrazia stessa;

4.      in democrazia la libertà d’opinione e la tolleranza non si estendono a coloro che la mettono in pericolo;

5.      la democrazia deve essere vigilante di fronte ai pericoli rappresentati da tendenze anti-democratiche sempre presenti;

6.      qualunque bene si possa pensare connesso con l’instaurazione di un regime tirannico è inferiore al bene che con esso si perderebbe, la libertà;

7.      la democrazia è campo aperto di competizione fra progetti politici alternativi.

Massimo Dei Cas
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