LA PRAGMATICA DELLA

COMUNICAZIONE UMANA

Appunti sull’approccio sistemico

nelle ricerche della Scuola di Palo Alto

Il cognitivismo Il comportamentismo Il funzionalismo Psicologie del profondo
Il modello comprensivo Pragmatica della comunicazione Piaget L'associazionismo

Ch. Morris ha proposto di dividere lo studio dei segni e dei linguaggi (la semiotica) in tre settori, la sintassi, che si occupa delle relazioni formali fra i segni, la semantica, che studia il riferimento dei segni ai propri oggetti e la pragmatica, che considera il rapporto dei segni con chi li usa, cioè gli effetti comunicativi del linguaggio. Gli studiosi della scuola di Palo Alto (Watzlawick, Weakland, Jackson, Beavin) accolgono questa distinzione e, riagganciandosi alle ricerche dello psichiatra G. Bateson, inaugurano un filone di studi psicologici che si propone di lavorare nell’ottica della costruzione di una scienza del comportamento umano (o, che è lo stesso, di una scienza delle dinamiche comunicative). Le loro ricerche, che adottano una prospettiva sistemica, vengono formalizzate mediante alcuni assiomi, fondati sull’osservazione sperimentale:

1. Nelle situazioni sociali, cioè in presenza di un altro (presenza intesa non solo in senso fisico), non si può non comunicare, perché ogni comportamento è comunicazione e non si può non avere alcun comportamento.

2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto ed uno di relazione. Ci sono molti livelli di informazione in una comunicazione. Uno si riferisce sempre alla definizione della relazio-ne fra le persone che comunicano.

3. Gli eventi comunicativi sono costituiti da sequenze di stimolo-risposta-rinforzo, che possono essere diver-samente punteggiate, cioè interpretate. Le differenti punteggiature determinano la natura della relazione fra le persone.

4. Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico (le parole) che con quello analogico (tutto ciò che costituisce la comunicazione non verbale, legata all’espressione del volto, alla mimica, alla postura, e così via).

5. Tutti gli scambi di comunicazione sono  simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza (configurando, in tal caso, la duplicità one up – one down).

Massimo Dei Cas
Via Morano, 51
23011 Ardenno (SO)
Tel.: 0342661285
E-mail: m.deicas@tin.it

·Il primo assioma afferma l’inevitabilità della comunicazione in un contesto sociale. Tutto è comunicazione, parole, espressione del volto, mimica, postura; il silenzio stesso e l’atteggiamento di chi vuol ignorare un’altra persona è comunicazione. Bisogna però ricordare che il primo assioma non fa riferimento alla sola comunicazione consapevole. Accade, infatti, che si possa non essere consapevoli di ciò che si comunica. Nella prospettiva sistemica la persona non è pensata come soggetto che possa disporre della comunicazione, cioè che la instauri e ne determini la natura. La persona è piuttosto presa dentro la comunicazione, le cui dinamiche ne definiscono il ruolo. Il centro dell’analisi psicologica non è dunque il soggetto, con la sua storia e le sue dinamiche intrapsichiche, ma la comunicazione stessa, con le sue regole ed i ruoli che essa istituisce. Viene dunque rifiutata la prospettiva diacronica, cioè quella prospettiva, tipica, per esempio, della psicanalisi, che spiega il comportamento degli individui risalendo ai vissuti passati. La prospettiva diacronica presuppone una sequenza causale lineare che determina il comportamento di ogni persona, per cui il presente viene spiegato risalendo ad un passato anche molto remoto. La prospettiva sincronica o sistemica, invece, afferma che in ogni sistema istituito dalla comunicazione vi sono regole e dinamiche che non si possono spiegare a partire dal passato, cioè dalla storia delle persone antecedente alla relazione comunicativa, ma che si spiegano a partire da se stesse, cioè possono essere descritte senza che si possa dire perché sono queste piuttosto che altre. La natura dell’azione causale in un sistema comunicativo, infatti, non è lineare ma circolare: la comunicazione di A determina un effetto su B, che a sua volta retroagisce su A, che retroagisce su B, nel circolo indefinito della relazione comunicativa. Questa circolarità non è casuale, ma governata da regole ben precise, che configurano ruoli diversi, di cui le persone spesso non sono neppure consapevoli. Non c’è dunque alcuna persona che, consapevolmente e deliberatamente, sia artefice della dinamica comunicative: le persone che comunicano sono prese in un gioco che non sono esse ad istituire deliberatamente. Gli studiosi della scuola di Palo Alto partono dall’assunzione metodologica fondamentale che è impossibile accedere all’analisi delle dinamiche intrapsichiche, in quanto esse non sono osservabili. La psiche va quindi considerata una sorta di scatola nera, della quale posso studiare non il contenuto, ma le regole che presiedono alla dinamica degli input e degli output. Ciò equivale a dire che non posso spiegare la comunicazione partendo da quello che accade nella psiche delle persone, ma ricercando e descrivendo le regole che ne determinano la dinamica, limitandomi quindi a quanto posso osservare.

· Il secondo assioma afferma che la comunicazione non è solo scambio di informazioni, ma anche definizione di relazioni, cioè di ruoli. Non sempre ovviamente, la definizione delle relazioni è condivisa da entrambi. A potrebbe rivolgersi a B in tono confidenziale ed amichevole, usando il tu e definendo la relazione come, appunto, cordiale ed amichevole; B potrebbe rispondere con tono asciutto, usando il lei, controdefinendo quindi la relazione come distaccata (meramente professionale, del tutto occasionale, e così via). L definizione della relazione è connessa con il tipo di linguaggio usato, con l’intonazione della voce, l’espressione del volto, i gesti, e così via. Possiamo quindi immaginare diverse comunicazioni in cui vi è un’identica informazione ma una diversa definizione della relazione. Esempi:

Dài, passami quel bicchiere.

Potresti passarmi quel bicchiere?

Per favore, se non le è di disturbo, mi potrebbe porgere il bicchiere che sta di fronte a lei, sul tavolo?

Dammi quel bicchiere.

Evidentemente una descrizione del tono di voce, dell’espressione e della mimica renderebbe più chiari questi esempi.

· Il terzo assioma afferma che ogni evento comunicativo è uno stimolo per l’evento che lo segue, ma nel contempo anche una risposta ed un rinforzo per quello che lo precede. Immaginiamo che A comunichi a1 a B. B, a sua volta, comunicherà b1, che sarà, insieme, effetto di a1, risposta ad a1 ma anche rinforzo (positivo o negativo) di a1. Si intende con rinforzo positivo di un evento E l’evento connesso R+ che aumenta la probabilità del ripetersi di E; sarà invece rinforzo negativo l’evento E- che diminuisce tale probabilità. Nel contesto della comunicazione, quindi, si ha una dinamica circolare per cui ogni evento è effetto del precedente, ma anche retroagisce sul precedente, rinforzandolo positivamente o negativamente. In altri termini, la risposta comunicativa ad uno stimolo comunicativo può rafforzare la relazione istituita dallo stimolo stesso, oppure opporsi ad essa. Il terzo assioma afferma anche che la dinamica comunicativa può essere diversamente punteggiata, cioè interpretata, da coloro che vi sono presi o da chi la osserva dall’esterno. Se, per esempio, abbiamo la seguente dinamica:

Moglie: Non mi dirai che anche stasera intendi uscire per le tue solite partite a carte?

Marito: Quali solite partite? Questa settimana non sono quasi mai uscito!

Moglie: Ah, avresti anche la faccia tosta di dire che te ne sei stato tutte le sante sere a darmi una mano per i compiti dei ragazzi?

Marito: Non voglio dire niente, solo che sei un’insopportabile bisbetica, non si può ragionare con te.

Moglie: Io sarei bisbetica? Forse se ti occupassi un po’ più dei figli e di me le cose andrebbero diversamente.

Marito: Come fa uno a voler rimanere in casa la sera quando viene sempre aggredito in questo modo?

Moglie: Aggredito? Ma se sei tu che te ne stai sempre in silenzio! Quando c’è da parlare, o sei stanco o hai altro da fare.

Marito: Questo non è parlare, questo è investire la gente, ed è quello che fai sempre tu.

Moglie: Già, visto come ti comporti, vorresti anche che fossi sempre calma e cortese con te!

Marito: L’unica cosa che voglio è starmene un po’ in pace dopo una giornata faticosa. (Esce).

Una sequenza del genere può essere diversamente interpretata: il marito potrebbe dire di essere stato costretto dalla moglie bisbetica ad uscire per trovare un po’ di pace, la moglie potrebbe dire di essere stata costretta a litigare dall’indifferenza del marito poco attento alle sue esigenze ed a quelle della famiglia. Queste interpretazioni leggono la comunicazione come determinata dalla scelta originaria dell’uno o dell’altro soggetto. In realtà le cose non vanno così: non si può dire né che il cattivo carattere della moglie sia causa della freddezza del marito, né che questa sia causa del cattivo carattere della moglie; si deve invece dire che in quel gioco comunicativo vi sono ruoli ben definiti e che la comunicazione li rinforza positivamente, configurandosi come comunicazione in un sistema omeostatico, che mantiene cioè il proprio equilibrio.

Gli studiosi della scuola di Palo Alto sottolineano che il loro approccio nasce da un rifiuto della prospettiva monodica o individualistica, propria, per esempio, della psicanalisi. Secondo tale prospettiva le dinamiche comunicative sono determinate dalla natura dei soggetti che vi prendono parte, cioè dai loro vissuti, dalla loro personalità, dalle loro dinamiche pulsionali, dalle loro aspirazione ed aspettative, e così via: si potrebbe dire che è l’individuo che fa la comunicazione. La prospettiva sistemica, invece, afferma che è piuttosto la comunicazione a fare l’individuo, cioè sono le dinamiche comunicative nelle quali egli è coinvolto che, per così dire, gli ritagliano addosso ruoli e ne plasmano i comportamenti. Ciò significa, per esempio, che nessuno nasce schizofrenico; la schizofrenia coincide con un particolare ruolo entro determinati contesti comunicativi, in famiglie che hanno determinate situazioni interattive. Questa prospettiva interpretativa è detta anche transazionale, in quanto assume che l’io non preesista alle dinamiche comunicative (transazioni), ma si costituisca con esse.

· Il quarto assioma parla di un modulo verbale, o numerico, o digitale, che veicola prioritariamente, anche se non esclusivamente, l’informazione, e di un modulo analogico, che veicola prioritariamente, anche se non esclusivamente, la definizione della relazione. Questo assioma introduce la distinzione fra comunicazione e metacomunicazione, che è comunicazione sulla comunicazione. Un sorriso, per esempio, è metacomunicazione rispetto alla frase Sei proprio una canaglia, nel senso che segnala in che modo tale frase va intesa. Bisogna poi tener presente che gran parte di ciò che viene comunicato analogicamente sfugge alla consapevolezza di chi comunica. In generale si deve dire che ci rendiamo tanto poco conto di ciò che comunichiamo quanto poco ci rendiamo conto del nostro respirare. Essendo, poi, presi nei diversi giochi comunicativi, non li possiamo osservare dall’esterno e quindi comprendere. Scrive Watzlawick: …i modelli di comunicazione esistenti tra sé e gli altri non possono essere interamente compresi perché è semplicemente impossibile essere coinvolti dentro una relazione…e, allo stesso tempo, stare al di fuori di essa come un osservatore distaccato e non coinvolto (il che sarebbe necessario per abbracciare la relazione nella sua interezza ed esserne cosciente). Ciò implica che nei casi in cui la comunicazione è patologica e quindi è auspicabile una sua modificazione, solo un intervento esterno può produrla.

· Il quinto assioma introduce la distinzione fra due modalità di fondo in cui si può giocare la relazione interna alla comunicazione. Si ha una relazione simmetrica quando le due persone (si considerano le relazioni diadiche perché più semplici da descrivere, ma il discorso può essere esteso a relazioni più ampie) esigono di essere riconosciuti ciascuna dall’altra, come uguali, cioè come ugualmente depositarie del diritto di iniziare un’interazione comunicativa, di darle una certa impronta, e così via. Si ha invece una relazione complementare quando le due persone si collocano in posizione polare di forza (protezione, guida, comando) e debolezza (richiesta di aiuto e di orientamento, obbedienza), assumendo quindi ruoli non uguali, ma complementari (non si può parlare di imposizione di una relazione di tal genere da parte del polo forte nei confronti di quello debole; si tratta infatti di un gioco di cui non dispone unilateralmente una delle due persone, ma che dispone di entrambe). Bisogna infine tener presente che le interazioni comunicative diadiche si possono classificare entro sette configurazioni: simmetria stabile (nella quale la definizione dei ruoli è concorde nel senso della simmetria), complementarità stabile (nella quale la definizione dei ruoli è concorde nel senso della complementarità), competizione simmetrica verso la posizione one-up (quando entrambi competono per tale posizione), competizione simmetrica simmetrica verso la posizione one-down (quando entrambi competono per tale posizione), competizione asimmetrica verso la posizione one-up e la simmetria (quando l’uno compete per la posizione one-up, l’altro per la simmetria), competizione asimmetrica verso la posizione one-down e la simmetria (quando l’uno compete per la posizione one-down, l’altro per la simmetria), fluidità (quando la relazione assume, di volta in volta, diverse configurazioni).

Le ricerche della scuola di Palo Alto sono rivolte soprattutto alla comunicazione famigliare ed alle sue patologie. La pragmatica della comunicazione, infatti, è nel contempo teorie esplicativa e terapia delle distorsioni comunicative. Queste sono generate soprattutto da una dinamica tipica, denominata doppio vincolo comunicativo, o comunicazione a doppio vincolo (o a doppio legame). In tale dinamica la comunicazione di cui è oggetto una persona contiene in sé elementi contraddittori, cioè messaggi di due ordini, uno dei quali nega l’altro. Quando ciò accade nel contesto di un rapporto rispetto al quale la persona è fortemente motivata, questa si trova imprigionato in una situazione dalla quale non riesce ad uscire, perché non riesce a capire a quale ordine di messaggi debba rispondere, cioè quale sia il vincolo che gli viene dal messaggio ricevuto. Un esempio tipico è il seguente:

Devi essere spontaneo!

Una frase del genere è autocontraddittoria, paradossale, in quanto contiene due vincoli inconciliabili: la richiesta di spontaneità e l’ordine. Nessun comportamento spontaneo, infatti, può nascere da un ordine. Il doppio vincolo può consistere però anche nella contraddizione fra il legame veicolato dal modulo numerico e quello veicolato dal modulo analogico, come quando invitiamo una persona a mettersi a suo agio con tono distaccato e severo. Nei casi più gravi il doppio vincolo comunicativo, nelle dinamiche che coinvolgono madre-figlio/a o genitori-figlio/a può generare situazioni di grave disturbo psicologico, anche di tipo psicotico (schizofrenia). In questi casi il terapeuta deve inserirsi dall’esterno, vincendo la resistenza omeostatica del sistema che vuole conservare il suo equilibrio, per produrre il necessario cambiamento. Tale cambiamento è possibile se egli sa gestire i livelli di ansia: un’ansia eccessiva nei membri della famiglia lo blocca, per cui il l’intervento terapeutico viene rifiutato. Anche un livello troppo basso di ansia, però, impedisce il cambiamento, in quanto viene meno, nelle persone, la motivazione a tentare di cambiare le dinamiche relazionali.

Massimo Dei Cas
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