IL MODELLO ANALITICO (LE PSICOLOGIE DEL PROFONDO)

Il cognitivismo Il comportamentismo Il funzionalismo Psicologie del profondo
Il modello comprensivo Pragmatica della comunicazione Piaget L'associazionismo
 

Entro questo modello si collocano prospettive teoriche eterogenee, accomunate però dal principio per cui la ricerca psicologica procede assumendo i comportamenti patologici (p. es. le nevrosi) o il sogno come sintomi di dinamiche psichiche latenti, cioè collocate al di qua della soglia della coscienza, ed analizzandone la costituzione. Tre sono le più importanti espressioni di tale paradigma, denominate psicologie del profondo e rappresentate dalla psicoanalisi, dalla psicologia analitica e dalla psicologia individuale.

1. S. FREUD

Fra le matrici più o meno prossime della psicoanalisi si individuano di solito la concezione leibniziana delle percezioni che si collocano al di sotto della soglia della coscienza, la concezione di Herbart della rappresentazione dinamicamente intesa come campo costituito da opposizioni, resistenze, inibizioni, la concezione, in Nietzsche, del pensiero come epifenomeno della volontà. O. Rank fece notare a Freud che la nozione di rimozione si trovava già in Schopenhauer. Ma la matrice più forte della psicoanalisi di Freud è quella del positivismo, nella versione di Helmoltz: la spiegazione scientifica deve presupporre una legalità deterministica nell’ambito dei fenomeni studiati, e deve ricorrere a forze fisiche conosciute e misurabili o, nel caso ciò non sia possibile, ad altre forze di uguale dignità ed analoga natura.

Gli influssi di Freud sul pensiero del Novecento furono assai rilevanti; basti ricordare quelli su Adorno e la Scuola di Francoforte.

L’attività terapeutica e teorica di S. Freud, entrambe espresse dal termine psicoanalisi, si pone all’origine di tale paradigma. Egli, partito dallo studio eziologico dei sintomi isterici, ipotizza che la loro origine sia costituita da un conflitto inconscio fra le pulsioni ed un’istanza di controllo e censura. L’interpretazione dei sogni e l’analisi della psicopatologia della vita quotidiana conferma questo assunto, portandolo a teorizzare che la coscienza non si identifica con la psiche, ma ne rappresenta una qualità intermittente e limitata. L’apparato psichico è analizzato da un punto di vista topico, dinamico ed economico. L’analisi topica evidenzia i tre sistemi del conscio, del preconscio e dell’inconscio, nel quale tutto ciò che è stato rimosso dalla coscienza permane senza indici temporali con la sua forza originaria. Le dinamiche psichiche hanno come istanze agenti l’Es, che funziona secondo il principio di piacere e preme per un’immediata scarica delle tensioni pulsionali, il Super-Io, che nasce dall’interiorizzazione delle figure parentali e delle istanze sociali, e l’Io, istanza centrale che, conformemente al principio di realtà, media fra le esigenze eterogenee e contrapposte di Es, Super-Io e realtà e che, se è sufficientemente forte, determina l’equilibrio della psiche, assicurando un’efficace censura di desideri e contenuti inaccettabili. La dinamica pulsionale, interpretata da Freud deterministicamente, vede la compresenza di una pulsione sessuale o libido, di natura costruttiva ed estremamente plastica, che è alla base del concetto più ampio di sessualità, di una pulsione dell’Io, con funzione di autoconservazione e dapprima distinta, poi identificata da Freud con la libido, e di una pulsione di morte, autodistruttiva e solo secondariamente eterodistruttiva, teorizzata da Freud dopo il 1920. 

2. C. G. JUNG

C. G. Jung, con la sua psicologia analitica, si stacca da Freud nel 1912, proponendo un’interpretazione dell’energia psichica che ridimensiona considerevolmente la componente sessuale, contro il pansessualismo freudiano. Per Jung la libido è un valore energetico suscettibile di comunicarsi a una sfera qualsiasi di attività: potenza, fame, odio, sessualità, religione, senza essere un istinto specifico. Tale energia viene concepita anche in termini finalistici, in quanto è un tendere a, un evolvere verso un’organizzazione migliore della personalità. La direzione verso l’interno o l’esterno della libido determina l’introversione o l’estroversione della personalità, con interesse rivolto verso l’interno o l’esterno. I contenuti psicologici si dividono in coscienti ed inconsci; i primi sono impersonali o personali a seconda che si ammetta o meno la loro validità generale; i secondi sono personali se costituiti da materiale personale rimosso dalla coscienza, oppure impersonali, quando hanno una validità generale e non è possibile provare che siano mai stati coscienti: i contenuti dell’inconscio collettivo non sono mai stati nella coscienza…, ma devono la loro esistenza esclusivamente all’ereditarietà. L’inconscio personale è costituito soprattutto da complessi, mentre quello collettivo da archetipi, la cui esistenza è dimostrata dalla ricorrenza universale di determinati motivi in miti, leggende, concezioni religiose. Gli archetipi non sono immagini, ma disposizioni a fare esperienza in un determinato modo: gli archetipi…non sono determinati dal punto di vista del contenuto, bensì soltanto in ciò che concerne la forma… Jung parla di una psiche collettiva, composta dall’imago oggettuale, cioè dai contenuti impersonali consci ed inconsci, e dalla persona, concepita etimologicamente come maschera, cioè come aspetto che l’individuo assume nelle relazioni sociali, e definita frammento e… parte costitutiva della psiche collettiva. L’individualità è invece definita come principio che rende possibile…una graduale differenziazione della psiche collettiva, e che si estrinseca… quale resistenza al modo collettivo di pensare e di sentire. Il Sé è il sommo potenziale dell’individuo, l’intero perimetro che abbraccia coscienza ed inconscio insieme; è il centro di questa totalità, così come l’Io è il centro della vita cosciente. Il Sé è insieme origine e meta della vita psichica, cui tende il processo di individuazione: L’individuazione è un compito eroico e tragico, in ogni caso difficilissimo, perché implica … una passione dell’Io, cioè dell’uomo empirico, comune,… a cui accade di essere accolto in una più vasta sfera… Egli patisce, per così dire, la violenza del Sé.

Jung giunse a concepire gli archetipi come forme a priori, il che sembrerebbe ricondurre a Kant, con la differenza, però, che non si tratta di concetti, ma di immagini universali. È interessante ricordare che A. Ferrière si richia-mava alla classificazione psicologica dei tipi umani di Jung (tipo sensitivo, senti-mentale, intuitito, razionale), ponendo in corrispondenza puerizia e sensibilità, fanciullezza e sentimento, adolescenza ed intuizione, giovinezza e ragione.

3. A. ADLER

Anche A. Adler si stacca da Freud, con la sua psicologia individuale. Ci sono, per lui, due grandi istanze innate in ogni individuo, la volontà di potenza, tensione verso l’affermazione e la valorizzazione di sé, ed il sentimento sociale, tensione verso la cooperazione sociale e la partecipazione emotiva con i vissuti ed i bisogni degli altri individui. La coesistenza armonica di queste due istanze rappresenta la salute psichica, mentre il loro conflitto determina la nevrosi. Alla base della volontà di potenza sta il sentimento di inferiorità che il bambino sperimenta nella costellazione famigliare, che può essere acuito da situazioni di insufficienza fisica od estetica e che, se non viene superato, diventa complesso d’inferiorità. Adler rifiuta il determinismo psichico freudiano, assumendo una prospettiva finalistica in grado di render ragione della tensione progettuale della psiche, che si esprime nello stile di vita e che diventa anche la chiave interpretativa fondamentale per comprendere il sogno, definito un ponte gettato verso il futuro. L’inconscio stesso va concepito come proiezione dinamico-progettuale che si manifesta nella simbolica che produce.

Adler riprese da Nietzsche la nozione di volontà di potenza, ma non la intese come passibile di una forma attiva e di una reattiva, bensì solo come volontà affermativa. Egli mutuò da Vaihinger, che pubblicò nel 1911 l’opera Filosofia del come se, la nozione di finzione: la teoria era considerata come metafora utile, senza che potesse costituirsi a visione vera del mondo: essa doveva piuttosto promuovere l’azione. Partendo da tale assunto egli polemizzò contro il determinismo freudiano, di matrice positivistica.

 

Massimo Dei Cas
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