LA SCIENZA COME SAPERE AUTOCORRETTIVO

IL MODELLO AUTOCORRETTIVO

IL MODELLO STRUMENTAL-CONVENZIONALISTICO

IL MODELLO NEOPOSITIVISTICO

IL MODELLO OLISTICO

IL MODELLO STORICO

IL MODELLO GENETICO

CHARLES SANDERS PEIRCE (1839-1914)  

Egli è l’iniziatore del Pragmatismo americano, di cui rappresenta la versione logica, ed afferma che il significato di un concetto si identifica con gli abiti o effetti che esso produce. Le credenze, costituite da abiti di azione, possono essere generate dalla tenacia, dall’autorità o dall’appello a forme di a priori metafisico; credenze di questo tipo hanno però il limite considerevole di non poter essere dimostrate false a partire da esse stesse, per cui se ne può scoprire la falsità solo ponendosi al di fuori di esse. Le credenze maggiormente in accordo con la realtà sono invece quelle generate dalla scienza, che è l’unico discorso all’interno del quale è possibile l’autocorrezione: una credenza scientifica può infatti apparire falsa partendo dalle medesime premesse che l’hanno resa possibile. La scienza, abito autenticamente intrsoggettivo, non è però depositaria dell’intera verità, poiché questa si colloca in un punto infinitamente lontano, cui essa tende in un cammino che non ha termine. Peirce è considerato anche il fondatore della semiotica, avendo per primo rigorosamente definito il segno come relazione triadica fra se stesso (costituito da una qualità materiale), l’oggetto significato, cui è connesso, e l’interpretante, dal cui abito emerge il significato del segno. Tutte le cose sono segni, in quanto sono connesse in una catena di rimandi e stimolano reazioni ed interpretazioni, l’abito logico dell’uomo si sviluppa attraverso un’interpretazione, o semiosi, illimitata.

LÉON BRUNSCHVICG (1869-1944)

Egli afferma, contro razionalismo, convenzionalismo ed empirismo, l’inseparabilità di ragione (che tenta di applicare con successo le proprie categorie scientifiche alla realtà) ed esperienza (che, con i suoi urti, non ipostatizzabili, impone alla teoria continue correzioni. La filosofia è conoscenza della conoscenza, cioè riflessione sulle modalità in cui si esercita l’intelligenza scientifica.

KARL RAIMUND POPPER (1902-1994)  

Le teorie scientifiche non sono epistème, cioè sapere incontrovertibile, ma doxa, cioè congetture nate dall’ingegnosità degli scienziati ed accettate come valide fino alla loro falsificazione. Ogni teoria scientifica può essere falsa (fallibilismo), e viene falsificata quando singole osservazioni sono difformi rispetto a conseguenze prevista in base ad essa, poiché è sicuramente falsa una premessa da cui derivano conseguenze false; nessuna teoria può invece essere in alcun modo verificata, perché conseguenze vere possono derivare anche da premesse false. Mentre un numero indefinito di osservazioni conformi a quanto previsto non prova la verità di una teoria, una sola osservazione difforme o falsificante ne prova la falsità, e le proposizioni osservative risultano immedietamente vere sulla base dell’esperienza: questa è la posizione che emerge dallo scritto I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza, del 1932. Ne La logica della ricerca scientifica, del 1934, Popper opera però una revisione significativa delle sue tesi, affermando che anche le proposizioni osservative, come le teorie scientifiche, non possono essere verificate, implicando un numero indefinito di conseguenze che è impossibile controllare. Esse, dunque, sono assunte come vere solo in base ad una decisione metodologica o convenzione: si conviene che sussistano ragioni sufficienti perché la proposizione questo è un X sia vera. Ugualmente convenzionale è la decisione di considerare una ipotesi scientifica non sottratta alla falsificazione, cioè non puntellabile con ipotesi ad hoc. Un ulteriore elemento problematico è introdotto dalla considerazione che i fatti non sono mai evidenze teoricamente neutrali, ma impregnati di teoria, per cui sembrerebbe venir meno la loro forza logica di costituire il banco di prova ultimo delle teorie scientifiche; Popper, nondimeno, intende tener ferma la posizione per cui le teorie vengono, in ultima istanza, giudicate alla luce dei fatti (denominatore comune di ogni forma di empirismo), sostenendo che teorie alternative condividono una conoscenza di sfondo comune (background knowlenge), all’interno della quale emergono certi dati osservativi come fatti teoricamente neutrali, anche se non in senso assoluto. Tali dati costituiscono il banco di prova delle teorie stesse, per cui il criterio di falsificabilità rimane, in tale ottica, valido. La falsificabilità è considerata come criterio di demarcazione fra scienza e non scienza, ma non anche criterio di significanza (il discorso metafisico non è destituito di significato e la scienza è la più forte, ma non l’unica espressione della razionalità umana). Non è accettabile, invece, oltre a quello della verificabilità, neppure il criterio neopositivistico della controllabilità o confermabilità, così come si debbono respingere le concezioni induttivistiche e probabilistiche della scienza (un’ipotesi scientifica è tanto più interessante quanto meno è probabile, cioè quanto maggiore è il numero dei suoi falsificatori potenziali). È necessario una sorta di codice deontologico degli scienziati, in base al quale ogni sforzo deve essere rivolto ad escogitare esperimenti che falsifichino le teorie accettate come valide. Sono inaccettabili le concezioni  strumentalistica (ex.: Duhem) ed essenzialistica (ex.: Galileo) della scienza, perché essa da un lato ha a che fare con la verità, ma dall’altro non può guadagnare la certezza di aver raggiunto la conoscenza di come il mondo effettivamente è; il suo rapporto con la verità non è quello di un possesso, ma di un avvicinamento asintotico. Le certezze della scienza riguardano piuttosto come il mondo non è: nel momento della falsificazione di una teoria si ha dunque un autentico incremento, in negativo, della conoscenza sul mondo, e quindi un avvicinamento alla verità.

IMRE LAKATOS (1922-1974)

Ne La falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca scientifici (1970) elabora tesi epistemologiche che si pongono in polemica con l’irrazionalismo della posizione di Kuhn e con l’ottica riduttiva di quella di Popper. Contro Kuhn sostiene che la scelta fra teorie rivali è dettata da criteri razionali, che non si riconducono a fattori socio-emotivi; contro Popper sostiene che singoli esperimenti falsificanti non bastano di per sé a decretare la morte di una teoria, che può sempre elaborare ipotesi ad hoc che la rendano immune dalla falsificazione. Un programma di ricerca scientifico tende ad essere abbandonato quando subisce uno slittamento regressivo, o degenerativo, cioè quando non solo non prevede fatti nuovi, ma deve riaggiustare il suo quadro teorico per far fronte a nuove osservazioni che invece sono previste in anticipo da un programma rivale, che si mostra per questo progressivo. Il confronto è dunque fra programmi rivali, e non fra singoli programmi ed osservazioni, ed il giudizio sulla validità o meno di un programma di ricerca può essere formulato solo a posteriori, nel confronto con un programma rivale; in particolare, i dati osservativi diventano falsificatori di un programma di ricerca solo dopo essere stati spiegati come conseguenze di un programma alternativo. In quest’ottica vengono rivalutate, contro Popper, le conferme delle ipotesi teoriche, soprattutto quando queste riguardano fatti nuovi previsti da un programma di ricerca progressivo.

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Massimo Dei Cas
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