LA CONCEZIONE STRUMENTALISTICO-CONVENZIONALISTICA

IL MODELLO AUTOCORRETTIVO

IL MODELLO STRUMENTAL-CONVENZIONALISTICO

IL MODELLO NEOPOSITIVISTICO

IL MODELLO OLISTICO

IL MODELLO STORICO

IL MODELLO GENETICO

PIERRE DUHEM (1861-1916)

Cfr. soprattutto La teoria fisica: il suo oggetto e la sua struttura (1906).

Contro il convenzionalismo moderato di Poincaré, afferma che la creatività dello scienziato riguarda non solo il linguaggio, ma anche le teorie. Contro la separazione fra teorico ed osservativo, sostiene che i fatti sono sempre interpretati alla luce delle teorie, che riguardano il funzionamento degli apparati sperimentali. L’esperienza non può provare né la verità né la falsità di ipotesi, poiché mette alla prova l’intero complesso delle ipotesi teoriche, non ipotesi singole (concezione olistica, detta anche tesi Duhem-Quine). Nessun fatto può provare la verità di una teoria in quanto l’approssimazione degli apparati che permettono di osservare e misurare rende i loro responsi compatibili con più ipotesi teoriche, ed anche perché da un punto di vista logico i medesimi fatti possono essere dedotti da un numero indefinito di ipotesi teoriche. I fatti non possono provare neppure la falsità di un’ipotesi, in quanto la loro difformità rispetto a quanto da essa dedotto non implica necessariamente la falsità dell’ipotesi stessa, dato che può essere conseguenza della falsità delle ipotesi sottese all’interpretazione del funzionamento degli apparati osservativi. Non esiste quindi alcun experimentum crucis. Le teorie scientifiche non sono spiegazioni della realtà (explicare significa cogliere metafisicamente il cuore della realtà), ma strumenti di organizzazione dell’esperienza, atti a salvare i fernomeni (fu corretta la posizione della Chiesa nei confronti di Galileo), coerenti ed economici (riferimento esplicito a Mach); non viene però radicalmente negata la loro referenzialità al reale: esse debbono infatti essere coerenti, poiché la realtà non può essere contraddittoria, e la storia della scienza ci può far credere in una costante approssimazione alla verità.

ERNST MACH (1838-1916)  

Cfr. soprattutto La meccanica nel suo sviluppo storico e critico (1883) e Analisi delle sensazioni (1900).

Collegandosi all’empiriocriticismo di Richard Avenarius, afferma che la storia della scienza mostra il carattere parzialmente convenzionale e storico-accidentale dei concetti scientifici. Il discorso metafisico ipostatizza tali concetti, travisando la natura della scienza, che mira alla scoperta della dipendenza reciproca dei fenomeni ed alla costruzione di una rappresentazione coerente, sistematica ed abbreviata, quindi economica, dei fatti; l’economicità della scienza determina una restrizione delle attese rispetto agli eventi naturali, il che permette un migliore orientamento ed adattamento rispetto all’ambiente. I fatti sono astrazioni involontarie dal flusso continuo delle sensazioni. La scienza non deve essere gravata da alcun impegno ontologico: gli elementi cui si riferisce non sono di per sé interpretabili né in senso fisico, né in senso psichico.

JULES-HENRI POINCARÉ (1854-1912)  

Cfr. soprattutto La scienza e l’ipotesi (1902), Il valore della scienza (1905) e Scienza e metodo (1908).

L’aritmetica si fonda sull’intuizione e su giudizi sintetici a priori, per cui non può essere ricondotta alla logica (come invece vuole il programma logicistico di Couturat e Russell). La geometria, invece, è un discorso ipotetico-deduttivo i cui assiomi sono definizioni mascherate e convenzioni; fra le diverse geometrie viene utilizzata, in fisica, la più comoda, che però non ha senso definire la più vera (commodisme). Anche i principi più generali della fisica siano convenzioni linguistiche, ma non si può accettare il convenzionalismo radicale di Edouard Le Roy (la scienza è solo un insieme di regole d’azione ed i fatti scientifici sono creati dagli scienziati), poiché lo scienziato crea non i fatti ma il linguaggio che li enuncia (convenzionalismo moderato). Le leggi riguardano relazioni fra i fatti: noi conosciamo qualcosa della realtà, ma solo rapporti, non essenze. Il discorso scientifico è comunque oggettivo, non nel senso che si riferisca ad una realtà in sé, ma nel senso che configura una trama di relazioni intersoggettivamente valida.

 

Massimo Dei Cas
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