Il pensiero a riposo - Massimo Dei Cas

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STORIA, POLITICA E POTERE

La parabola tragica delle masse nel Novecento passa dalle masse protagoniste alle masse complici.

Essere di sinistra significa avere fiuto sicuro e profonda avversione per i prepotenti e gli sfruttatori; essere di destra significa avere fiuto sicuro e profonda avversione per gli ignobili; dirsi di sinistra o di destra significa, non di rado, ingannare sé e gli altri.

L'antico assioma "vox populi, vox dei" viene interpretato dal potere in questo senso: chi parla a nome del popolo è Dio.

Le democrazie sono stratti passaggi fra le tirannidi di singoli e minoranze sulla maggioranza e quelle della maggioranza sulle minoranze o sui singoli. Per questo da una parte fanno valere il principio della sovranità del popolo e del potere deliberante della maggioranza, dall'altro tengono fermo il principio che ogni potere è limitato da diritti inviolabili dell'indivuduo in quanto tale.

La storia è l'antitesi della logica, perché trae dalle idee quanto di più incoerente si possa immaginare.

Quando si vuol minimizzare il pericolo di simboli, eventi o atteggiamenti che sembrano far rivivere le aberrazioni del passato, si tira in ballo una vecchia massima concolatoria: si tratta solo di una minoranza di imbecilli. Ma la vera imbecillità sta nel sottovalutare la potenza dirompente dell'imbecillità.

Dopo il tempo in cui era essenziale affermare i diritti, viene ora quello in cui è altrettanto essenziale pesarli.

La paura ha dominato i primi millenni della vicenda umana; l’angoscia è destinata a dominare i successivi.

Nella sua vicenda preistorica e storica l'uomo, cioè ogni singolo uomo, è sempre stato, anche se in diversa misura, prezioso per il suo lavoro e per il patrimonio di esperienze e conoscenze di cui era depositario. Si apre oggi un'era in cui non lo sarà più, né in un senso, né nell'altro. Si apre, quindi, nel contempo la grande battaglia perché sia trovato un significato dell'essere umano (e dell'essere uomo).

Forse non ricordiamo neppure più da quanto sottostiamo all'imperio di questa austera signora millantatrice, la storia, e soprattutto non ricordiamo più il perché.

Non sempre i compromessi compromettono le giuste cause.

Quando vogliamo porre sotto processo il potere, questo ci mette sotto scacco chiamandoci come correi.

Il nuovo dispotismo del divertimento e della leggerezza rivela, molto più che nascondere, la china depressiva lungo la quale l'umanità, inchiodata ad un sentimento di radicale finitezza, sta sprofondando. Se la profonda depressione economica del Novecento preparò la strada al Nazismo, l'altrettanto profonda depressione psicologica del XX secolo potrebbe preparare la strada a qualcosa di altrettanto orribile.

Affermare il Nazismo sia incidente storico imputabile a follia, obnubilamento, mostruosità, è affermazione molto sciocca. Esso ha, infatti, profondi antecedenti ed ha un profondo lascito, legato alla costruzione di una natura immaginaria, scenario in cui i forti prevalgono ed i deboli soccombono. Una mitica siffatta natura viene eretta a struttura vitale sovraordinata rispetto ad ogni costruzione simbolica e culturale, ed è ancora ben presente in tante espressioni del nostro tempo, insofferenti per l'articolazione dell'ordine logico e scientifico. Il ritorno alla natura ed alla naturalità, nuova promessa di salvezza, nasconde la stanchezza per le tante energie che la civiltà deve profondere affinché tutto ciò che è debole trovi la più attenta e meditata protezione.

La parola "potere" suona, falsamente, come la parola "realtà", perché ci induce a credere che si tratti sempre di qualcosa che abbiamo di fronte, che dobbiamo scoprire al di là delle apparenze nella realtà, appunto, e non piuttosto qualcosa che abbiamo, usiamo, siamo.

Sei italiano se, di fronte ad una legge o regola, immagini subito in quali casi particolari può non valere o non può valere

Una delle categorie di cui la politologia dovrebbe occuparsi molto di più è quella del disgusto, sentimento più di ogni altro inattaccabile dalla ragione. Dovrebbe occuparsi del disgusto come conseguenza del cinismo impudente del potere, e di quanto da ciò possa conseguire talvolta ineluttabilmente. La lezione finale sarebbe forse che i peggiori nemici della democrazia sono proprio cinismo e disgusto.

Difficile dire se abbiano prodotto più catastrofi le colpe dell'Occidente o i suoi sensi di colpa.

Per alcuni un'ideologia è importante in quanto intrinsecamente giusta; per altri è importante per ciò che permette di distruggere; per altri ancora perché permette di distruggere; per molti, infine, per le persone con le quali permette di stare.

Lo studio della storia spesso genera un nefasto senso dell'oramai, nutrito della convinzione che nella storia vi siano punti di non ritorno in un cammino di civiltà. Certo, non esiste il ritorno dell'identico, ma vi sono idee, istanze e necessità, umane o disumane che siano, che si possono ripresentare nella loro essenza, se non nelle medesime sembianze del passato. La barbarie e l'orrore, comunque possano essere concepiti, non hanno età né tempo.

Tante cose possono danneggiare, anche gravemente, la credibilità del pensiero di sinistra, ma una sola cosa la uccide, la mondanità.

Il potere si finge come garanzia dell'ordine, ma in realtà si alimenta del caos.

Il concetto di civiltà è uno dei più facilmente definibili. La civiltà va di pari passo con la tutela della debolezza.

Le cattive espressioni sono le più difficili da sradicare. "Conflitto di interessi", ad esempio, è in realtà conflitto fra interesse e dovere. A meno che si voglia malevolmente sottintendere che ogni dovere è alla fin fine un interesse recondito.

Le rivoluzioni divorano, prima che i loro artefici, i loro stessi ideali.

Ci potranno essere molteplici culture, ma una è la civiltà, ed il suo principio fondante è questo: nessuno può essere considerato responsabile e giudicato per ciò che è (per il suo genere, il suo popolo, la sua etnia) o per ciò che pensa, ma solo per ciò che fa.

Pensare un diritto significa pesare quel diritto.

Molti credono che la democrazia abbia una sorta di inerzia interna indefinita, come se, una volta avviata, procedesse "motu proprio", perché il gusto della libertà è tale per cui chi lo assaggia, difficilmente vi rinuncia. Esistono però dei problemi cui deve saper far fronte: se così non accade, può andare in crisi anche rapidamente.

Tutti gli uomini vivono nel proprio tempo, ma pochi vivono il proprio tempo.

Da un'immersione nella cultura americana usciamo più aridi. Da un'immersione nella cultura italiana usciamo più unti.

Se il fine giustifica i mezzi è perchè ne rivela la natura profonda.

Nel tempo della post-politica la politica allestisce la messinscena e sceglie il titolo della rappresentazione, l'amministrazione ne detta il copione ed il cittadino viene scritturato come attore non protagonista.

Quanto si dice "siamo in guerra" si intende, più o meno consapevolmente, "vale tutto".

L'anima di una democrazia è evitare che le ineguaglianze diventino diseguaglianze.

I cultori del sospetto e del complotto non sospettano che se davvero vi fosse un complotto planetario loro stessi ne sarebbero parte essenziale.

Spesso chiamiamo ipocritamente eroi le persone che abbiamo colpevolmente messo in condizione di rischiare la vita.

L'uomo è stato definito come animale che fabbrica strumenti, ma vale nella stessa misura che questi strumenti fabbricano lui, perché profondamente diverso è l'uomo che può disporre della bomba atomica o dei linguaggi digitali rispetto all'uomo che ha bastoni e semplice scrittura.

Popolo di santi e navigatori, gli Italiani non disdegnano però santoni e navigati.

Si loda l'innocente e profonda saggezza del bambino che esclama: "Il e è nudo!", ma si dimentica che con una corona in testa nessun re è nudo.

Il paternalismo è quasi sempre una forma malcelata di patrignalismo.

Di fronte ai pericoli di un uso incontrollato, smodato e criminale del potere l'unica soluzione che storicamente ha mostrato di funzionare discretamente è la sua moltiplicazione ed il suo controllo incrociato.

Profonda stupidità è far sì che accadano cose opposte a quanto si vorrebbe o penserebbe. Per questo l'estremismo di tutte le stagioni e latitudini è profondamente stupido.

La post-democrazia si basa su tre principi: essere costretti a rispettare le regole è subalternità sociale; non essere in grado di aggirare le regole è incapacità; rispettare le regole pur potendolo non fare è stupidità.

La magistralità della storia, il suo valore come insegnamento e monito per il futuro si vanno sfaldando: la complessità del presente rende sempre più indecifrabile ed imprevedibile il futuro, sul quale il passato getta una luce sempre più debole.

Vi fu un tempo nel quale dominava la convinzione che dalla repressione sessuale derivasse la crudeltà del potere e la libidine del dominio. Se questo fosse vero, oggi che la repressione sessuale è considerata viltà ed infamia, dovremmo vivere un tempo di mitezza estrema.

Se fa più rumore una pianta che cade di una foresta che cresce, fa, altrettanto, più rumore (ma non più effetto) una persona che protesta di una massa che gira la faccia dall'altra parte.

La politica è la prosecuzione della guerra con altri mezzi.

Se la storia ambisce ad essere scienza dovrebbe fare un uso ben più parco di categorie come "colpa" e "responsabilità": in caso contrario, diventa una mera, seppur preziosa, riflessione dell'umanità su se stessa.

C'è tolleranza e tolleranza. Storicamente la prima e più limitata concezione della tolleranza parte dal principio del male minore, per cui reprimere gli errori provocherebbe guerre e disordini maggiori rispetto al tollerarli. Poi si comprese che la tolleranza si fonda sul rispetto di una libertà fondamentale, connaturata con il bene più prezioso dell'uomo, la sua coscienza. Ancor più si può pensare che la tolleranza sia fondata sull'impossibilità per l'uomo di raggiugere verità assolute e definitive. Oggi va molto di moda considerare la tolleranza come corollario della irriducibile relatività delle culture, ciascuna delle quali è meritevole di rispetto. Fondare la tolleranza sulla considerazione che nessuno può essere ridotto alle proprie idee sarebbe una nobile suggestione. Affermare che ogni idea può essere tollerata sarebbe porre le basi per la distruzione dell'idea stessa di tolleranza, perché la tolleranza può essere molte cose, mai però imbelle o ingenua.

Si può chiamare l'estetismo edonistico del tempo presente neopaganesimo senza la cosa più preziosa del paganesimo, il senso del limite.

L'Italia è un paese in cui l'eccezione conferma l'assenza della regola.

Il potere ha sempre meno bisogno dei sacerdoti dell'Assoluto e sempre più bisogno dei sacerdoti della mente.

Rivoluzione è "revolutio", cioè ritorno all'origine. Si sbaglia, dunque, pensando che sia rottura di un ordine. E' piuttosto ricomposizione di ordine. Niente rivoluzione senza polizia, controllo, rigore, spietatezza. Per questo l'utopia rivoluzionaria è un abbaglio: nella luce acciecante del nuovo si perde il disegno del controllo universale.

La militaresca marcia trionfale dell'eros annuncia il tempo dell'eclisse del lavoro.

La guerra è la confutazione stessa della civiltà, perché il progresso non la rende più umana o accettabile, anzi, ne mostra forme sempre più oscene, dove il terrore puro esteso alla popolazione intera diventa arma strategica.

Affermare che la guerra è la politica proseguita con altri mezzi è una pura diffamazione della politica che, per sua natura, è, invece, l'antitesi della guerra.

La storia è sempre ironica, quando non sarcastica, nei confronti dei pensieri degli uomini. Proprio nel tempo della filosofica morte dell'uomo, pensato come mera intersezione di strutture, orizzonti di segnificato, sistemi, un potere sempre più immane si è concentrato in un numero sempre più ridotto di uomini.

Perché persone che non credono ad altro che ai rapporti di potere e potenza fra persone e stati non ammettono a chiare lettere questa convinzione, ma sentono il bisogno di fingere una improbabile fede nei principi e nella giustizia? Singolarità del pudore, enigmatica ultima soglia dell'umanità.

Nessun dittatore parlerà mai da dittatore, ma neppure da governante: presenterà la sua voce come voce del popolo.

E' fuorviante cercare nella teoria della superiorità razziale e nell'antisemitismo l'essenza del Nazismo. La rivela, invece, l'espressione "spazio vitale", che lascia intravvedere il vero motivo generatore, cioè l'orrore per il sovrafollamento, per il brulicare dell'umanità che cresce di numero. Non è in questione la purezza della razza, ma la purezza della vita contaminata da un'umanità sovrabbondante. Se così è, il ritorno del Nazismo avverrà in forme apparentemente anche lontane, ma che ne conserveranno questa istanza di fondo, sfrondare il pianeta dal superluo umano.

Il trionfo dei social segna l'avvento di una nuova umanità profondamente tribale.

Il controllo sociale attraverso i mass-media utilizza tre registri di fondo: allarmismo e sensazionalismo per indurre l'incancellabile sensazione che tutto possa accadere a tutti; rassicurazione per indurre la solida certezza che esistono dispositivi istituzionali che preservano dal rischio onnipervasivo; pietismo per indurre la convinzione che esiste sempre qualcuno che soffre più di noi e con il quale ci possiamo commisurare per consolarci.

Populisti e demagoghi di ogni tempo promettono alla gente che non dovrà più vergognarsi dei suoi sentimenti più bassi ed ignobili.

Allettare le persone con soluzioni che danno loro l'impressione di contare di più è il più banale quanto efficace espediente per avallare istituti ed istituzioni che le rendono più irrilevanti.

Il tramonto della modernità ha portato ad un presente nel quale tutto può e deve essere rimesso in discussione, non perché si guadagnino nuovi punti fermi, ma perché resti come punto fermo che la negoziazione o il conflitto interminabili possano interminabilmente rimettere tutto in discussione.

Nel web le parole subiscono in genere una grottesca distorsione; così "convividere" nascondere un più triste "esibire".

Mettere in vetrina con leggerezza la propria vita, cioè ottemperare al nuovo imperativo social, significa dimenticare con leggerezza ancora maggiore che ciò che va in vetrina è una merce.

Le regole sono state inventate perché ci potesse essere un'aristocrazia che si pensa superiore ad esse.

Non tutto ciò che serve al potere serve il potere, ma, di regola, le cose vanno così.

Nelle narrazioni, più che nelle prassi, della postmodernità si garantisce al singolo ogni ragionevole sicurezza, mentre si svuota la sua vita di ogni reale certezza.

Se Marx ha ragione, le cose per il marxismo o semplicemente per la civiltà si mettono molto male. Se, cioè, sono le condizioni strutturali dell'economia a dettare il corso della storia, l'enorme sproporzione fra posizioni di forza del capitale e debolezza sempre più netta del lavoro non potrà che condurre a nuove e più drastiche forme di subordinazione del secondo al primo. Il che potrebbe essere una riedizione in forme aggiornate della schiavitù, o qualcosa di diverso, una nuova ed imprevedibile metamorfosi del concetto di sfruttamento.

Il dispiegamento della potenza degli algoritmi predittivi concretizza il progetto di presentificazione del futuro, di cui viene tendenzialmente negato il carattere di aleatorietà ed imponderabilità. A rigore il futuro viene disintegrato dalla potenza di controllo del presente.

Viviamo una civiltà saturnina. Nel mito di Saturno è tratteggiato l'aspetto più fosco dell'umanità contemporanea: il dio che divora i suoi figli disegna il segreto impulso a divorare il futuro per l'insaziabile voracità del nostro presente.

Il dispiegamento della libertà, soprattutto in rete, dà espressione alla crescente insofferenza per la libertà. Ovvero: l'esercizio della libertà in rete è concepito come denigrazione e squalifica dell'altrui libertà.

Strano concetto quello di progresso. Si dice che progredisce anche una malattia.

L'Eros si è sempre sottratto alla politica celandosi dietro il velo della discrezione e del pudore. Ma è stato scovato e consegnato interamente alla logica politica dell'igiene (mentale), della desiderabilità sociale e della prestazione atletica.

In tema di diritti si considera il tempo una variabile indifferente, mentre è una condizione di possibilità del loro esercizio: se un diritto non viene riconosciuto entro un tempo ragionevole, non lo si può dire tale.

L'intelligenza artificiale, di cui temiamo gli apocalittici sviluppi, non muoverà mai guerra agli uomini. Semplicemente, li renderà sempre più inutili, e lascerà loro la risposta alla domanda su quale sia il destino degli uomini inutili.

Nella democrazia del futuro ognuno avrà diritto a dettare una piccola regola che diventi norma vincolante in qualche piccola faccenda per la vita di ciascuno.

Lo spirito dei nostri tempi è accelerazione. Del movimento entro cui siamo ci interessa assai più l'incremento di velocità della direzione.

Marx teorizzava che nel comunismo l'amministrazione delle cose avrebbe sostituito il potere dell'uomo sull'uomo. Di fatto oggi l'amministrazione delle cose è diventata una nuova onnipervasiva forma di potere sull'uomo, tanto più tirannica quanto più facile da accettarsi, come tutto ciò che appartiene alla logica dele cose.

Una delle più dolorose scoperte nell'età del disincantamento è l'inesistenza di un nesso fra avere responsabilità ed essere responsabili.

L'età delle ideologie è segnata dall'insignificanza del presente di fronte alle ragioni del futuro; l'età post-ideologica è segnata dall'insignificanza del futuro di fronte alle ragioni del presente.

Alla guerra per bande si sostituisce oggi la guerra per brand.

Duplice è la radice della democrazia, e questo apre alla possibilità di una profonda contraddizione: da un lato, come suggerisce l'etimo, sta la volontà della maggioranza come legittimazione del potere, dall'altro il limite del potere di fronte al valore dell'individuo e dei suoi diritti. Quando il volere della maggioranza confligge con il valore del singolo ed i suoi diritti insopprimibili, la contraddizione si mostra in tutta la sua tragica forza. In questa contraddizione e contrapposizione sono quasi sempre i diritti del singolo ad avere la peggio.

La morte dell'uomo risale al tempo in cui alle storie si è sostituita la storia. Questa, nella sua singolarità, condanna il singolo a pensarsi come assolutamente irrilevante.

La categoria dello sfruttamento attraversa l'intera storia, riproponendosi in forme sempre nuove e tanto più sottili quanto più tenaci.

Protagonista assoluta di tutte le narrazioni politiche è la gente: la sua voce deve essere raccolta per le strade ed i suoi bisogni debbono essere il motore immobile di ogni politica. Ma questo centro di gravità permanente intorno a cui tutto sembra dover ruotare è come l'araba fenice: che ci sia ciascun lo dice, dove sia (e soprattutto quanto davvero conti) nessun lo sa.

Definire il Nazismo come il male assoluto ne fa un'irruzione inspiegabile ed un corpo estraneo nella civiltà contemporanea, mentre si tratta di una manifestazione livida di un profondo e potente mito manicheo, il mito della purezza e della sua assoluta antitesi, l'impurità, che la insidia nelle sue diverse forme. Oggi questo mito cieco si proietta nel dualismo fra perfezione e abiezione fisica. Domani, forse, porterà a vivere come malattia oscena la presenza stessa di una decina di miliardi di uomini sul pianeta. Allora si aprirà l'inaudita possibilità di un nuovo progetto di purificazione radicale per la salvezza dei puri e dei pochi.

Ogni epoca riceve la luce più propria dalla salvezza che può concepire; nella nostra è vivere qualche anno in più.

La degenerazione della democrazia non è la demagogia, ma il pulviscolo disorganizzato delle piccole tirannie e prepotenze.

Le migliori idee sono fatte proprie, molto spesso, dagli individui peggiori, e soggiacciono, con ciò, ad una deformazione progressiva e radicale. Ecco perché non possiamo che biasimare come imperdonabile leggerezza tutti i filosofi che, da Aristotele in poi, hanno individuato nel pensiero o nel lavoro sui concetti la natura propria dell'uomo. Ecco perché non possiamo che esecrare, come leggerezza ancora più grave, la mancanza di cautela di quanti non si sono posti il problema degli equivoci e delle distorsioni cui sarebbero andate incontro le proprie idee.

Chi semina vento miete consenso.

Chi volesse scrutare i segni dei tempi venturi dovrebbe spiare con insistenza una nostalgia sempre più malcelata, la nostalgia di una natura che torni a fare il proprio mestiere, la selezione. Ed il primo effetto di questo ritorno alla natura o della natura sarebbe un'apocalittica soluzione del problema dei troppo miliardi di uomini su questo pianeta. Chi debba farsi esecutore della natura non è chiaro, ma l'indistinto brusio di fondo, a volerlo ascoltare, va in quella direzione. Nella direzione della terribile fanciullesca gioia del distruggere e ricreare.

E' sorprendente come il linguaggio faccia fatica a scrollarsi di dosso moduli retorici che non hanno più ragion d'essere in una cilità liberale. Per esempio, chi presta servizio in una funzione pubblica serve allo stato, non serve lo stato. Ma non è così che si dice.

Potere non è poter agire scorrettamente, ma usare di volta in volta scorrettezza e correttezza a seconda delle convenienze.

La storia è lo scenario di un'epica lotta fra primato del passato e primato del futuro. A questa lotta ha oggi posto termine la tirannia del presente.

La convivenza fra diverse culture non le può lasciare immodificate: essa è possibile solo se si assume la sovranità di una meta-cultura, intesa non come cultura suoeriore, ma come insieme di regole che rendono possibile questa convivenza, e che impongono l'integrale rispetto della dignità e dell'integrità fisica dei singoli. E' quindi poco più che un sogno pensare che le diverse culture, così come si configurano storicamente, possano in questo orizzonte convivere senza modificare, in diversa misura, i propri tratti costitutivi.

La condizione contemporanea è segnata dalla ribellione del presente che, ripudiato il futuro come orizzonte primario di senso, si è sbarazzato, di conseguenz,a anche del passato come radice e matrice di eredità. Il presente si cristallizza coem sequenza di attimi che non rimandano ad altro da sé, nei quali vogliamo imprigionare il massimo del senso. Che si riduce ad essere il massimo dell'emozione. Una sola parola, disperazione, sembra sintetizzare tutto ciò.

La ragion d’essere di norme e leggi è di ridurre al minimo l’arbitrio del singolo; la loro proliferazione abnorme produce l’effetto contrario di lasciare all’arbitrio libero campo.

Ogni medaglia ha due facce, ogni moneta una sola.

La nascita delle scienze dell'uomo, dell'economia e della politica ha fatto nascere anche l'esigenza di un modello interpretativo lineare e cartesiano dell'essere umano, che ne consentisse, entro certi limiti, la prevedibilità delle azioni. Nasce così l'homo oeconomicus, la cui natura calcolatrice permette di elaborare un sistema di aspettative che rende possibile l'economia e la scienza dell'economia, la convivenza e la scienza politica. Ma che davvero l'uomo regoli le sue azioni esclusivamente sul calcolo degli interessi è qualcosa che la storia a più riprese si incarica di smentire: non meno forti dei bisogni economici sono quelli di appartenenza e di esorcizzazione della morte. Per questo storia ed economia sono un groviglio di fili che sembrano appartenere ad un'unica matassa solo perché non ne sappiamo scogliere il viluppo.

Il capitalismo sembra fondato sulla proprietà privata, ma a ben vedere è fondato sulla proprietà predata.

Lo slittamento di significato di alcune parole segnalano svolte epocali. Tale è il caso di “riforma”, che in origine significava “ritorno alla forma originaria” e quindi si riferiva ad una concezione della storia che ciclicamente deve recuperare le proprie radici per purificarsi da deviazione e corruzione; la parola, dall’età moderna, passò a significare “mutamento in meglio della forma”, che presuppone una visione lineare della storia, concepita come cammino ineluttabilmente progressivo.

Il silenzio è la più potente fra le potenze che abbattono le potenze di questo mondo.

Le ideologie sono grandi riti sacrificali: nel comunismo il presente è sacrificato sull'altare del futuro, nel nazismo il presente è sacrificato sull'altare del passato, nel consumismo sfrenato passato e futuro sono sacrificati sull'altare del pesente.

L'amministrazione è il potere che disarma la coscienza.

Nella ragion di stato si misura lo stato della ragione in una civiltà.

Decidere è recidere: questa la cinica verità dei decisionisti.

Solo l'ordine è la condizione sensata dell'anarchia.

Il capitalismo ha vince la sua lotta di classe contrapponendo il cittadino consumatore al cittadino lavoratore.

L'antica formula utilitaristica che individua il compito morale e politico nella realizzazione del massimo utile per la maggior parte degli individui sopravvive nell'acritica esaltazione dei diritti, per cui ogni diritto dev'essere fatto valere nel rispetto dei diritti altrui. Questa prospettiva nasconde che fra la concreta utilità ed i diritti dei singoli non c'è armonia, ma piuttosto conflitto, ed allora il fondamento sta altrove, in una qualche costellazione di valori che istituisca una gerarchia fra i diritti.

E' sotto gli occhi di tutti, nella storia, la rivolta dei figlio contro i padri; dà molto meno nell'occhio la rivolta dei padri contro i figli.

Nella nostra cultura la psicocrazia è una realtà che precede la parola stessa.

La purezza è uno dei miti più fascinosi e perversamente impuri.

Secondo la religione popolare non si muove foglia senza che Dio lo voglia; secondo una conoscenza anche superficiale della storia non si muove foglia senza che Dio non lo voglia.

Se mai vi fu una guerra dei sessi, da entrambe le parti fu messa in campo una peculiare potenza. Quella femminile è la potenza del giudizio, perché è l'uomo ad essere giudicato nella sua virilità. Quella maschile è anch'essa potenza del giudizio, ma in altra forma: solo la donna viene bollata con l'infamia di essere senza vergogna.

Il vero potere non è mai eclatante, distruttivo, semplicemente violento: tale è piuttosto la potenza. La natura del potere è vischiosa, sottile ed opaca. Sopra questa distinzione corre quella fra politica ed amministrazione.

Il potere raramente è là dove lo si cerca o lo si immagina.

L'infanzia incantata dell'umanità è terminata di recente, con la crisi della convinzione che la storia possa recuperare l'origine felice e l'umanità possa riassumere l'integrità della forma originaria; ora si va sempre avanti, verso la promessa di una civiltà compiuta e la minaccia di una catastrofe inaudita.

Si usa ripetere come rassicurazione che fanatici, integralisti e terroristi sono una esigua minoranza. Questo però non rassicura affatto, perché la storia la fanno le minoranze organizzate e determinate.

L'anima nera dell'Occidente si riassume nel principio per cui tutto ciò che può essere fatto, deve essere fatto. Nel mondo dei social questo principio si fa caricatura: tutto ciò che ouò essere detto, deve essere detto.

Ci si puà chiedere se questa non sia un'epoca neo-ellenistica, pervasa com'è da un sentimento di sempre maggiore isolamento, solitudine e distacco da un potere avvertito come fredda amministrazione, di cui si perde interamente il senso.

Coloro che esecrano moralisticamente gli eccessi della sessualità sono in realtà profondamente grati a questi eccessi, perché intuiscono quale profondo potere sulle coscienze passi attraverso la valutazione della sessualità.

La storia non si fa con i "se" e con i "ma", ma la si comprende molto meglio ragionando su ciò che sarebbe potuto accadere e non è accaduto, perché se ne comprendono le alternative reali e si misura l'incidenza del caso.

Nella visione marxiana l'uomo integralmente libero sostituirà il potere sull'altro uomo con l'amministrazione delle cose; oggi il potere è amministrazione degli uomini e devastazione delle cose.

Anticamente erano onorati gli eroi del valore, oggi quelli del rischio (metamorfosi del valore: da fisico ad economico).

Si dice che comandare sia meglio che fottere; ma per molti è anche vero che il comandare sia il meglio del fottere.

Terrorismo è parola fuorviante, perché la sua strategia, se davvero vuole imporre un'egemonia sulle coscienze, non può far leva sul solo terrore, ma deve anche ed insieme usare l'arma della seduzione.

Ogni potere a la sua peculiare attrattiva, ma quella più inquietante appartiene al potere di aprire o chiudere le porte della salvezza eterna.

Un'antropologia un po' grossolana potrebbe individuare come tratto saliente dell'uomo di destra il dsprezzo degli altri, dell'uomo di sinistra la venerazione di sé.

La demografia è l'occhio della storia.

La politica è la guerra proseguita con altri mezzi.

Poche cose inducono assuefazione quanto l'autoritarismo.

Se ci fosse stato Internet ai tempi dei Campi di Sterminio, i Nazisti molto probabilmente non sarebbero riusciti a tenerli celati. Se non ci fosse oggi internet, molto probabilmente nessuno oggi li negherebbe.

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